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Nel primo atto di questa rappresentazione teatrale la famosa statua in bronzo del Satiro danzante di Mazara del Vallo, rinvenuta nel marzo 1998 durante una battuta di pesca nelle acque del Canale di Sicilia, offre il pretesto per riflettere sui corsi e ricorsi delle migrazioni umane nel tratto di mare che si estende da Capo Bon alle coste della Sicilia. Due pescatori rievocano il recupero della statua: senza presentare motivazioni diverse dall'immediato spirito di solidarietà, il Capitano parla del salvataggio di naufraghi al largo di Kelibia mentre il Pescatore, nella sua apparente ingenuità, riflette in modo più profondo sul dramma delle anime migranti. Il mare evoca la storia: il Marinaio entra in scena e racconta un episodio che ha vissuto, durante la seconda Guerra mondiale, in quello stretto di mare. Nel secondo atto alcuni dipinti di Sean Scully fanno da sfondo all'azione: due madri rivivono l'immortalità della loro tragedia personale che trascende il tempo e lo spazio: entrambe sono morte con il loro figlio. La tessitrice nigeriana le avvolge nella delicata tela della pietà. Alla musica di J.S. Bach è affidato il commento; alla voce di un poeta senegalese, la conclusione.